Revelli su Orientarsi tra le informazioni in biblioteca

Sul numero di ottobre 2015 di «Biblioteche oggi» è comparsa una bella recensione al mio volume Orientarsi tra le informazioni in biblioteca.

Fotografia di Carlo Revelli

Carlo Revelli

L’autore è Carlo Revelli, un personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni.

La riporto qui, per gentile concessione dell’editore.


La breve parte introduttiva di questa interessante opera di orientamento riguarda la storia delle biblioteche e della catalogazione ed è ben giustificata dallo scopo della collana, volta all’esterno, mentre l’interesse della pubblicazione punta sulla situazione attuale, dove all’attenzione per l’utente si aggiunge quella per chi in biblioteca lavora, quanto meno come apprendista. Fin dall’inizio della premessa l’autore evidenzia l’“evoluzione continua” della catalogazione, in una successione che non è certo una contrapposizione sostitutiva, come più in generale, a proposito della biblioteca, conferma Anna Maria Tammaro: “Lankes cita nell’Atlante i pilastri della biblioteconomia, a cominciare da Dewey, Cutter e Ranganathan” (dalla prefazione a R. David Lankes, L’Atlante della biblioteconomia moderna, edizione italiana di Anna Maria Tammaro ed Elena Corradini, Milano, Editrice Bibliografica, 2014, p8). Pur nelle ovvie differenze “ci sono molte similarità tra la biblioteconomia partecipativa e la biblioteconomia di Ranganathan”. Marchitelli pone giustamente in evidenza i cambiamenti radicali, che non contraddicono tuttavia la funzione di mediazione del catalogo, certo mutato nella sua struttura e nella potenzialità, fino a lasciare considerare insufficiente l’espressione “catalogo arricchito”, fino all’“assimilazione dei cataloghi ai motori di ricerca”, fino al suo stesso nome, al quale viene preferito discovery tool, che segnala il passaggio dal “modello ricerca” al “modello scoperta” (p. 48). E se da un lato le categorie dei termini di ricerca sono aumentate, dall’altro è la stessa serie delle categorie di oggetti da ricercare che si è dilatata fino a far considerare troppo limitato il termine “documento”. La ricerca può assumere un nuovo valore, in quanto i discovery tools “offrono dunque un approccio diverso all’informazione. Essi mirano a fornire consapevolezza piuttosto che una risposta specifica”. E ancora: “Un discovery tool nasce con l’obiettivo di fornire la certezza di non mancare le informazioni più importanti rispetto a una certa tematica. I discovery tool offrono dunque informazioni inattese, perché gli utenti non avranno necessariamente lo specifico risultato che stanno cercando, quanto piuttosto, in maniera serendipitaria, notizie riguardo al tema di loro interesse” (p. 50).

Direi che il ricupero della serendipity riapra una via di unione con il passato. Diverse le basi della ricerca informativa, per item sought o per soggetto, secondo la tradizione catalografica, oppure per esplorazione e navigazione. Ma non manca la serendipità, guidata solo dalla curiosità, come è detto a p. 63, con un termine che potrebbe essere inteso come casualità.

Copertina del volume Orientarsi tra le informazioni in biblioteca di Andrea Marchitelli

Orientarsi tra le informazioni in biblioteca

Per il lettore sono comunque chiare le pagine sui metodi di ricerca nel web. D’altronde Marchitelli osserva come i cataloghi e i motori di ricerca siano “strumenti diversi che servono a scopi differenti” (p. 51). I primi permettono l’accesso ai contenuti di una raccolta ordinata, prevalentemente ma non solo a stampa. Il web invece, che non è una raccolta unitaria e non è ordinato, consiste di oggetti con interconnessioni: “Nel web esistono risorse di ogni genere e i libri non sono la maggioranza di esse” (p. 53). I risultati della ricerca, variamente reperibili attraverso vari modi, risultano molto limitati rispetto all’esistente. La valutazione e la completezza inoltre sono condizionate anche dai gestori del motore di ricerca, come mette in evidenza l’autore. Nei cataloghi la ricerca è limitata a categorie di punti di accesso strutturati e riguarda il documento nel suo insieme, mentre nei motori di ricerca manca la strutturazione dei dati e di solito la ricerca si basa sul testo completo. Alla standardizzazione dei dati nel catalogo corrisponde la ricerca automatica nel web, anche se qualche controllo potrà migliorare la situazione. L’accessibilità nei cataloghi è più lenta, mentre nei motori di ricerca è ben più rapida, ma la velocità stessa pone limiti alla precisione. Comunque l’arricchimento degli indici grazie all’indispensabile lavoro umano nel web è sempre più frequente, a conferma di una situazione aperta agli sviluppi futuri.

Marchitelli distingue tra i motori di ricerca generalisti e quelli volti a esigenze specifiche, “non tese a comunicare risultati e scoperte scientifiche al grande pubblico” (p. 71), spiegando chiaramente il significato “accademico” dell’aggettivo “scientifico”, anche se i termini per la ricerca sono presenti dove manchi quella garanzia di sicurezza a causa della molteplicità e della varia provenienza delle informazioni. L’autore mette in evidenza la varietà degli strumenti e dei contenuti, ma ammette che in realtà potremmo vedere “che le modalità e i principi del loro funzionamento tendono ad assomigliarsi” (p. 84). Non manca un breve accenno alla limitata segnalazione, nella letteratura professionale anglofona, delle pubblicazioni non scritte in inglese (p. 76). Si veda a questo proposito un riconoscimento isolato da parte americana, pubblicato però in Italia (David Bade, Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto debba essere scritto in inglese, “Biblioteche oggi”, 30 [2012], n. 4, p. 20-24).

L’autore non disconosce l’importanza ma anche i limiti della ricerca booleana e considera le soluzioni alternative, come la logica fuzzy, che egli considera giustamente non applicabile alle grandi raccolte, e un modello booleano esteso, più positivo, ma la cui spiegazione proposta presenta forse qualche difficoltà per l’utente inesperto. Tra i suggerimenti utili e pratici per la strategia della ricerca troviamo interessanti certi ritorni, come l’accenno al “punto di futilità” (information glut), sempre presente anche nei sistemi automatici, benché in misura diversa rispetto al catalogo cartaceo. Si riscontra di frequente, quando la quantità di informazioni risultanti da una ricerca supera le aspettative della richiesta.

La difficoltà della ricerca è attenuata da quella che l’autore chiama legge del minimo sforzo. Mi domando se essa non presenti in qualche modo un contrasto con l’eterna legge del miglioramento delle cognizioni, che vale per lo studio, per l’attività sportiva, per ogni tipo di disciplina.

La legge del minimo sforzo è certo facilitata dallo sviluppo della tecnologia, oggi come un tempo, fin da quando l’invenzione della scrittura venne a incidere sull’esclusività della trasmissione verbale, come ebbe a ricordare addirittura Platone. Si tratta di motivazioni che ci portano a preferire l’utilizzo di strumenti di ricerca semplici, anche quando portano a risultati poco significativi” (p. 108). Difficile immaginare il futuro, nel quale l’autore riconosce soprattutto la “convergenza dei dati e degli strumenti” (p. 112) che consentono di integrare e arricchire le informazioni catalografiche, attenuando la difficoltà di garantire l’interoperabilità semantica. La possibilità di applicare ai dati bibliografici la tecnologia dei linked data a vantaggio della ricerca semantica oggi presenta difficoltà. Ricordiamo a questo proposito la breve comunicazione di Margherita Loconsolo sul seminario fiorentino RDA in pratica, che ha evidenziato il “passaggio dal rigido assetto del record catalografico, al trattamento flessibile del singolo dato, strutturato, identificato, controllato e messo in relazione con altri dati debitamente trattati con la stessa metodologia” (“Biblioteche oggi”, 32 [2015], luglio/agosto, p. 46).

La pagina conclusiva, di interesse particolare, considera l’importanza dei cataloghi di biblioteca nella rete, di non semplice ricupero, che nel futuro è augurabile sia migliore, poiché si tratta di “dati e informazione strutturata, spesso molto pregiata anche dal punto di vista della qualità, grazie al lavoro dei bibliotecari” (p. 121). E, sono le ultime parole, “l’occupazione del futuro per le biblioteche” consisterà secondo qualcuno “nel passaggio dal cataloguing al catalinking” (p. 122). Werner Taegert a proposito di un congresso delle biblioteche bavaresi (12/12/2014) parla di un bilancio tra la tradizione stabilita e le novità che guardano al future (“BFB: Bibliotheksforum Bayern”, Mai 2015, p. 150).

Coperta di Biblioteche oggi Trends

Coperta di Biblioteche oggi Trends

Mi si consenta di concludere con un riferimento al primo numero di «Biblioteche oggi Trends» (giugno 2015), che porta come titolo L’accesso alla conoscenza. Quale ruolo per le biblioteche. “Consideriamo la realtà effettiva attuale”, avverte Anna Galluzzi nell’invitare alla cautela (Biblioteche: accesso alla conoscenza tra dimensione locale e globale, p. 6-17): opinione non lontana da quella espressa da Maurizio Vivarelli in favore del “correlare i nostri valori, con uno sguardo di lunga durata, alla peculiarità dell’esperienza nazionale ed europea” (C’è bisogno di collezioni? Teorie, modelli, pratiche per l’organizzazione di spazi documentari connessi e condivisi, p. 18-29). Marco Muscogiuri parla di biblioteche che “sembrano” e di altre che “non sembrano” biblioteche (Inclusione e accessibilità semantica nell’architettura bibliotecaria, p. 30-38). Per la biblioteca digitale “il pericolo maggiore è la commercializzazione”: è questo l’inconveniente di base evidenziato da Robert Darnton, intervistato da Gino Roncaglia (Il futuro delle biblioteche digitali si costruisce dal basso, p. 82-84): occorre resistere alla tentazione suggerita da ragioni economiche.

Una volta che la vita commerciale di un libro è terminata, il desiderio maggiore di un autore è quello di avere lettori. Si ripresenta nuovamente un’altra immagine del passato, il principio del fair use.


Revelli, Carlo. “Recensione a Orientarsi tra le informazioni in biblioteca”. Biblioteche Oggi, 33, 8 (Ottobre 2015), p. 59-50. doi: 10.3302/0392-8586-2015507-059-1. Disponibile in PDF sul sito dell’editore: http://www.bibliotecheoggi.it/rivista/article/view/398/332