Gestionali di biblioteca e contesto (Il catalogo e il suo contesto. Quarta parte)

Gestionali di biblioteca e contesto

(Ammetto —scrive Karen— che questo argomento meriterebbe una trattazione più estesa di quanto fatto qui. Il mio obiettivo è quello di stimolare una discusione che possa guidare lo sforzo di sviluppo di modelli per il catalogo che permettano una migliore esperienza da parte dell’utente.)

Riconoscendo che gli utenti hanno bisogno di un modo per dare senso ad ampi set di dati, alcuni cataloghi di biblioteca hanno sviluppato delle funzionalità che tentano di fornire informazioni di contesto agli utenti. Il primo sforzo in questo senso è rappresentato dalle faccette derivate da alcuni dati contenuti nei record bibliografici. Un altro modello, sebbene non lo si veda ben integrato nei cataloghi, è il data mining; che fa un’analisi complessiva che combina i diversi dati nei record e li rende disponibili per la ricerca. Infine, abbiamo lo sviluppo di entità che sono gli elementi del catalogo a sé stanti; questo significa in genere il trattamento di autori, soggetti, ecc, come argomenti in sé per essere recuperati e visualizzati, anche a prescindere dal loro ruolo nel recupero di un’unità bibliografica. Trattare questi come “entità di prima classe” non è lo stesso del livello intestazione sopra record bibliografici, ma può essere sfruttabili per fornire un tipo di contesto per gli utenti.

Faccette

La classificazione a faccette era molto di moda quando frequentavo la scuola di biblioteconomia, nei primo anni Settanta, essendo stata sostenuta dal gruppo di lavoro britannico del Classification Research Group, sebbene l’iniziatore di questo genere di classificazione sia stato S. R. Ranganathan che affrontò il tema in maniera molto scrupolosa negli anni Trenta. La classificazione a faccette fu per l’organizzazione della conoscenza negli anni Settanta ciò che KWIC e KWOC furono per la ricerca testuale: potenzialmente le faccette fornivano un modo per creare intestazioni di soggetto complesse le cui parti individuali potevano essere elemento di accesso in sé o nel contesto.

Nei gestionali di biblioteca il “faceting” ha esploso dal record bibliografico le informazioni che potevano essere applicate al set dei dati recuperati. In tali sistemi le faccette sono degli “accidenti” dei dati esistenti, poiché la creazione dei record del catalogo non è basata sulla catalogazione a faccette. Non si tratta quindi della medesima cosa della classificazione a faccette (faceted classification), che è una forma di organizzazione della conoscenza intorno a certe specifiche caratteristiche.  Ranganathan, che aveva creato una classificazione generale, aveva le faccette personalità, materia, energia, spazio e tempo (PMEST). Le classificazioni a faccette di una certa area disciplinare avranno faccette specifiche per quel tema. Una di quelle che ho studiato riguardava la sicurezza sul lavoro e aveva faccette per i tipi di lavoro, per i tipi di pericolo, le misure di sicurezza e così via. Suddividere un soggetto in faccette non è facile, in ogni modo, ma l’obiettivo è quello di fornire categorie che permettano l’espansione e di considerare il soggetto da diverse angolazioni.

Nei software gestionali le faccette sono invece generalmente sia elementi di dati fissi, oppure intestazioni, considerate per intero o per singole parti. Gli autori sono usati come faccetta, generalmente mostrando solo i più ricorrenti con il conteggio delle occorrenze. Non è la stessa cosa della classificazione a faccette, ma è simile a quello che viene chiamato “faccettazione” (o “navigazione a faccette” nei siti web.

La data di pubblicazione viene comunqmenete usata come faccetta, non tanto perché utile in sé, ma soprattutto perchè “esiste”.

Una vera classificazione a faccette è, fino a un certo punto, già incorporata nei nostri sistemi di accesso per soggetto. Le Library of Congress subject headings sono in un certo modo a faccette, con faccette del soggetto, faccette geografiche e cronologiche. La Library of Congress Classification e la Dewey Decimal Classification fanno anch’esse un qualche uso delle faccette quando accettano che le classi vengano estese per luogo, tempo, o altre suddivisioni riutilizzabili.

Alcuni sistemi hanno preso una pagina dal FAST book. FAST significa Faceted Application of Subject Terminology, e crea faccette separando i segmenti componenti le Library of Congress subject heading in modo tale che soggetto, entità geografiche e periodi di tempo divengano faccette separate. FAST stesso fa anche di più, incluso riportare alcune intestazioni in forma inversa (Lake, Erie) al loro ordine naturale, e altri cambiamenti ancora. Una delle maggiori critiche a FAST, tuttavia, è che viene meno il contesto che viene fornito invece dalla stringa di soggetto intera. Così l’intestazione su Moby Dick become Whales / Whaling / Mentally Ill / Fiction, e resta poco chiaro chi sia il malato di mente in questo esempio.

Questa la lista delle faccette tratta da un sistema Summon:


Il progetto Open Library ha creato faccette per soggetto dalle Library of Congress subject headings e categorizza ciascuna di esse attraverso il “type”:

Sebbene si tratti di lodevoli tentativi di dare all’utente contemporaneamente una maniera sia per comprendere sia per raffinare ulteriormente il set recuperato, c’è una quantità di problemi legati a queste implementazioni, non ultimo quello che non ci siano in realtà faccette nel senso vero del termine rispetto all’organizzazione della conoscenza. Le faccette devono essere divisioni concettuali del disegno, che aiutino gli utenti a comprendere il disegno stesso.

I siti di vendite online utilizzano qualcosa che chiamano classificazione a faccette, sebbene siano una cosa considerevolmente diversa dalla classificazione a faccette che ha avuto origine da S. R. Ranganathan negli anni Trenta. In un sito di vendite, le faccette dividono i prodotti in categorie, in maniera che gli utenti possano utilizzare tali categorie nelle loro ricerche. Una ricerca generica di scarpe è meno utile di una ricerca di scarpe fatta sotto le categorie “da uomo”, “da donna”, “da bambino”. Nel senso delle vendite online, la faccetta è un contesto per la ricerca per parole chiave. Sebbene tutto l’universo generale che questi aspetti governano sia molto più semplice dell’intero universo della conoscenza che le biblioteche devono cercare di gestire, almeno il concetto di contesto viene impiegato per aiutare l’utente.

Se da una parte può essere utile vedere quali sono gli autori più presenti nel set di dati recuperati, la paternità dell’opera non fornisce agli utenti un’organizzazione concettuale. Inoltre, non tutto quello che in un record bibliografico può essere esploso per raffinare un risultato è necessariamente utile. LA lista delle date di pubblicazione estratte dai dati recuperati non solo è troppo granulare per essere una faccetta utile (pensiamo a quante date differenti ci potrebbero essere) ma la probabilità che la query di un utente possa essere soddisfatta da un dato anno di pubblicazione è davvero scarsa.

L’ultimo problema poi è davvero la chiave di questo discorso: cioè che pezzi di dati isolati come la data o il luogo possono aiutare a restringere un ampio set di risultati, ma non forniscono alcuna informazione sul contesto generale che invece un vero sistema a faccette darebbe.
Tuttavia, fornire una tale visione richiede che le entità del catalogo della biblioteca siano state classificate utilizzando un sistema di classificazione a faccette, cosa che non è.

Data Mining

Lo includo poiché mi pare interessante, anche se l’unico esempio reale di cui io sia a conoscenza proviene da OCLC, che ha una posizione unica per fare quel lavoro su questo genere di “big data”. Il progetto WorldCat Identities mostra il tipo di dati che si potrebbero estrarre da un ampio database bibliografico. Il data mining si applica meglio all’intero universo bibliografico, piuttosto che ai singoli cataloghi, poiché questi ultimi sono per definizione incompleti. Sarebbe, tuttavia, interessante capire che uso si potrebbe fare dei dati estratti, come nel caso di WorldCat Identities (WCI), per esempio dando agli utenti dei singoli cataloghi informazioni sulle fonti che la biblioteca non possiede. Inoltre è un peccato che WorldCat Identities sembri essere stato alimentato una tantum e non essere più aggiornato. WCI è uscito dalla fase di progetto per divenire operativo a regime e infatti se fai una ricerca su Jonathan Franzen la scheda delle identities è aggiornata al 2016 [grazie a Gabriele Lunati per la precisazione].

Oggetti di prima classe

Un potenziale che i linked data potrebbero apportare (ma non garantisco) è lo sviluppo di alcune delle entità bibliografiche chiave in “oggetti di prima classe”. Con questo intendo che alcune entità potrebbero diventare il sé focus delle ricerche, non solo che punti di accesso indicali ai record bibliografici. Avendo alcune entità rese come oggetti di prima classe, per esempio, potresti avere una pagina per una certa persona che sia davvero sulla persona, non solo un’intestazione che comprende il nome di quella persona. Questo permette di presentare all’utente ulteriori informazioni, in maniera simile a WorldCat Identities, se queste informazioni sono disponibili, oppure recuperandole da fonti come Wikipedia, come ha fatto Open Library.

Questo è stato anche il modello utilizzato nel database linked data Freebase (che ora è stato ucciso da Google), e non è del tutto dissimile dall’uso che Google fa di Wikipedia (e altre fonti ) per creare il suo “knowledge graph.”

Pagina di Barbara Cartland in Open Lybrary.

Pagina di Barbara Cartland in Open Lybrary.

Barabara Cartland nel Google Knowledge Graph

Barabara Cartland nel Google Knowledge Graph

Il trattamento di alcuni elementi come oggetti di prima classe è probabilmente un passo avanti rispetto al catalogo di intestazioni, ma la persona come oggetto non è una replica del sistema di intestazioni che abbiamo trovato nel record bibliografico, che va oltre il nome della persona nelle sue funzioni organizzative:

	Dickens, Charles, 1812-1870--Adaptations.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Adaptations--Comic books, strips, etc.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Adaptations--Congresses.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Aesthetics.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Anecdotes.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Anniversaries, etc.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Appreciation.
	Dickens, Charles, 1812-1870--Appreciation--Croatia.

Per le intestazioni di soggetto, un aspetto chiave della mappa della conoscenza è l’inclusione delle relazioni tra i termini broadernarrower e quelli corrrelati. Non farò finta che le intestazioni esistenti siano perfette, come sappiamo non lo sono, ma è difficile immaginare un sistema per l’organizzazione della conoscenza che non faccia uso di questi concetti tassonomici in un modo o in un altro.

	Lake Erie
	 See: Erie, Lake
	Lake Erie, Battle of, 1813.
	 BT:United States--History--War of 1812--Campaigns
	Lake Erie, Battle of, 1813--Bibliography.
	Lake Erie, Battle of, 1813--Commemoration.
	Lake Erie, Battle of, 1813--Fiction.
	Lake Erie, Battle of, 1813--Juvenile fiction.
	Lake Erie, Battle of, 1813--Juvenile literature.
	Lake Erie Transportation Company
	 See Also: Erie Railroad Company.

Queste informazioni sono ora disponibili attraverso il servizio Library of Congress linked data service,  e sicuramente, con un po’ di impegno, questi aspetti delle “entità di prima classe” (persona, luogo, soggetto etc.) potranno essere recuperati e resi disponibili agli utenti. Sfortunatamente (quanto spesso l’ho detto in questo post?), le intestazioni di autorità dei soggetti sono progettate come modello per la creazione di soggetti, non come elenco di tutte le possibili intestazioni, e connettere meccanicamente l’authority file, che contiene le relazioni tra i termini, con le intestazioni presenti nei record bibliografici non è facile. Di nuovo, ciò che è stato modellato per il catalogo a schede e ha ben funzionato con quella tecnologia non si adatta perfettamente alle tecnologie più nuove.

Si noti che l’enfasi sulle entità bibliografiche in FRBR, RDA e BIBFRAME potrebbe facilitare una soluzione. Tutti e tre incoraggiano una visione per entità dei dati che sono stati tradizionalmente inclusi nei record bibliografici e non sono completamente opposti al concetto di separazione tra dati bibliografici e di authority. Inoltre, FRBR offre una base per la concettualizzazione di opere ed edizioni (l’espressione di FRBR) come entità separate. Queste ultime esistono già in diverse forme nel “mondo reale” come oggetti di riflessione critica, descrizione, punti vendita. Altra enfasi FRBR la pone sulle relazioni bibliografiche. Questo ci ha aiutato a comprendere che le relazioni sono importanti, sebbene queste relazioni bibliografiche siano solo la punta dell’iceberg se pensiamo ai servizi agli utenti come a un insieme.

Interludio: La lezione del 1984

“Editor’s note. Providing subject access to information is one of the most important professional services of librarians; yet, it has been overshadowed in recent years by AACR2, MARC, and other developments in the bibliographic organization of information resources. Subject access deserves more attention, especially now that results are pouring in from studies of online catalog use in libraries.”
American Libraries, Vol. 15, No. 2 (Feb., 1984), pp. 80-83

Avendo pensato e scritto sul passaggio dai cataloghi cartacei ai cataloghi online, ho cominciato a fare un po’ di scavo nella letteratura biblioteconomica e ho trovato l’oro. Nel 1984, Pauline Atherton Cochrane, uno dei più grandi pensatori sulla biblioteca, ha organizzato una “formazione continua” in sei parti  per aggiornare i bibliotecari sulla riflessione riguardo al passaggio alla nuova tecnologia. (Cara ALA – perfavore metti insieme questi articoli in un PDF scaricabile ad accesso aperto. Potrebbe fare la differenza.) Ciò che emerge da qui è allo stesso tempo sorprendente e sconfortante, come mostra la citazione riportata sopra; in termini di modelli di catalogo, sono stati fatti pochi progressi, e stiamo ancora spendendo più tempo a organizzare i dati bibliografici atomistici, mentre ignoriamo l’accesso per soggetto.

Gli articoli sono realizzati principalmente con dichiarazioni di importanti pensatori della biblioteca del tempo, molti dei quali si riconoscono. Alcune risposte si contraddicono l’un l’altra, altre cadono su pieghe familiari. La Library of Congress viene criticata per non muoversi più velocemente verso il futuro, tanto quanto lo è oggi, e tuttavia gli intervistati ammettono che la dipendenza generale dalla LC rende qualsiasi tipo di svolta veloce molto difficile. Alcuni dei desiderata sono stati raggiunti, ma non la revisione dell’accesso per soggetto nel catalogo della biblioteca.

Scenario

Se pensi che le biblioteche si siano spostate dal catalogo a schede ai cataloghi online, hai sbagliato tutto. Come altre organizzazioni che avevano funzioni di gestione di dati, le biblioteche della fine del ventesimo secolo stavano raggiungendo i limiti di ciò che poteva essere fatto con tecnologie analogiche. I effetti, come fa notare Cochrane, dalla metà di quel secolo le biblioteche hanno interrotto la funzione basilare del catalogo di fornire riferimenti incrociati tra la terminologia inutilizzata e quella utilizzata, come tra i termini broadernarrower nel thesaurus. Non era semplicemente possibile mantenersi al passo, per non parlare del fatto che la Library of Congress e altre organizzazioni di servizio, come OCLC, fornivano schede stampate e pronte per gli accessi bibliografici, ma non fornivano più le schede bibliografiche collegate. Ciò che facevano le biblioteche (e me ne ricordo  dai miei anni universitari) era piazzare vicino al catalogo copie del “Red Book”, cioè la versione a stampa delle Library of Congress Subject Heading, che ai miei tempi erano divise in due volumoni e, ebbene sì, erano rilegate in rosso. Si noti che questi erano i volumi che dovevano essere utilizzati dai catalogatori per formulare le intestazioni per le loro collezioni; non erano affatto concepiti per l’uso da parte degli utenti finali del catalogo. La notazione utilizzata (“x”, “xx”, “sa”) era davvero lontana dall’essere intuitiva. Inoltre, per quegli utenti che erano in grado di seguire i riferimenti, questi puntavano alla lista LCSH ma non necessariamente al punto del catalogo di biblioteca che stavano consultando: in tal modo un utente poteva essere spedito a un elemento del catalogo semplicemente inesistente.

Nella mia esperienza, quando abbiamo varato il catalogo online dell’Università della California, le maggiori biblioteche per anni hanno avuto difficoltà a mantenere aggiornato il catalogo. La biblioteca principale dell’Università della California, a Berkeley, regolarmente restava indietro tra 100.00 e 150.000 schede da inserire nel catalogo, che riempiva due sale enormi. Questo significava che un libro poteva essere rappresentato nel catalogo anche tre mesi dopo essere stato catalogato e messo a scaffale. Per una biblioteca di ricerca, questo era un disastro. E Berkeley da questo punto di vista non faceva eccezione.

L’informatizzazione del catalogo fu contemporaneamente una soluzione pratica necessaria e dall’altra una specie di Sacro graal. Al tempo in cui quegli articoli venivano scritti, solo poche grandi biblioteche avevano un catalogo online, e quel catalogo rappresentava solo una porzione, piccola e recente, del posseduto della biblioteca (la conversione retrospettiva delle vecchie schede fisiche del catalogo a un formato leggibile dalle macchine venne dopo, ed ebbe il suo culmine negli anni Novanta). I database “abstracting and indexing” hanno preceduto le biblioteche nell’automazione: DIALOG, PRECIS e altri diedero ai bibliotecari le prime occasioni di cercare dati bibliografici informatizzati.

Questo era lo stato delle cose quando Cochrane presentò la sua serie di “educazione permanente” in 6 parti su American Libraries.

Accesso per soggetto

La serie di articoli è statavenne stimolata da un articolo straordinariamente preveggente di Marcia Bates nel 1977. In questo articolo si elencano sia le preoccupazioni sia le possibilità che, francamente, tutti noi dovremmo prendere a cuore oggi. Nella terza lezione di Cochrane, Bates è citata:

“…with automation, we have the opportunity to introduce many access points to a given book. We can now use a subject approach… that allows the naive user, unconscious of and uninterested in the complexities of synonymy and vocabulary control, to blunder on to desired subjects, to be guided, without realizing it, by a redundant but carefully controlled subject access system.”

e ancora

“And now is the time to change — indeed, with MARC already so highly developed, past time. If we simply transfer the austerity-based LC subject heading approach to expensive computer systems, then we have used our computers merely to embalm the constraints that were imposed on library systems back before typewriters came into use!”

Questa attenzione all’accesso per soggetto fu di stimolo per le AL lessons. Nei primi anni Ottanta, studi compiuti da OCLC e altrove mostravano che oltre il 50% delle ricerche fatte nei cataloghi online di allora erano ricerche per soggetto, anche quelle che puntavano agli indici dei titoli o a indici misti (vedi note alla lezione 3) La ricerca di elementi noti si riteneva fosse sotto controllo, ma la ricerca per soggetto poneva problemi significativi. I commenti dell’articolo comprendono:

“…we have not yet built into our online systems much of the structure for subject access that is already present in subject cataloging. That structure is internal and known by the person analyzing the work; it needs to be external and known by the person seeking the work.”
“Why should a user ever enter a search term that does not provide a link to the syndetic apparatus and a suggestion about how to proceed?”

In maniera interessante, non mi pare che alcuno di questi problemi abbia trovato soluzione nei sistemi odierni.

Come rapida panoramica: ecco alcuni dei problemi, alcune soluzioni proposte e speranze sulle tecnologie futute presentate dagli studiosi che contribuirono alle lezioni.

Problemi emersi

Molti problemi sono venuti alla luce, alcuni con soluzioni abbastanza semplici, altri contro i quali ancora combattiamo.

  • Le LCSH sono scomode, se non quasi inutilizzabili, sia per il suo vocabolario sia per la mancanza di una vera organizzazione gerarchica;
  • L’uso di LCSH da parte dei cataloghi online manca della struttura sindetica (vedi, vedi anche, BT, NT). Ciò non vale solo per la visualizzazione, ma anche nel recupero, dove la ricerca per il termine più ampio non recupera elementi con un termine più ristretto (cosa che dovrebbe essere logica, almeno per qualche utente);
  • Le biblioteche assegnano troppo poche intestazioni per soggetto
  • Per la prima volta, alcuni utenti non sono in biblioteca durante la ricerca e così non ci sono intermediari disponibili (per esempio bibliotecari addetti al reference). For the first time, some users are not in the library while searching so there are no intermediaries (e.g. reference librarians) available. (Uno dei diagrammi di flusso aveva un passaggio per la ricerca fallita che puntava a un box chiamato “see librarian”, qualcosa che oggi non includeremmo);
  • Mancanza di una teoria professionale sui metodi di ricerca delle informazioni per indirizzare la progettazione dei sistemi (“Without a blueprint of how most people want to search, we will continue to force them to search the we want to search.” Lesson 5)
  • Information overload, cioè eccessivo numero di risultati, così come troppo pochi risultati per ricerche specifiche

Soluzioni proposte

Alcune delle soluzioni proposte erano banali (aggiungere più intestazioni per soggetto ai record) mentre altre avrebbero richiesto grandi cambiamenti all’ambiente della biblioteca.

  • aggiungere più intestazioni per soggetto ai record MARC
  • Utilizzare la ricerca per keyword, inserendo le keyword ovunque nel record
  • Aggiungere keyword non controllate ai record
  • Rendere l’autority file per soggetti leggibile alle macchine e integrarlo nei cataloghi online
  • Dimenticare le LCSH, utilizzare invece file bibliografici non bibliotecari per la ricerca per soggetto, come i databases A&I.
  • Aggiungere termini di soggetto da fonti non bibliotecarie ai cataloghi di biblioteca e/o fare (ciò che oggi chiamiamo)  federated searching
  • LCSH devono fornire intestazioni più specifiche, come grandezza del file e come ampiezza del set di risultati recuperati (nel documento, un set di 904 elementi recuperati è contrassegnato da un punto esclamativo)

Pensando al futuro

Come spesso accade quando si guarda al futuro, alcune possibili tecnologie sono stati viste come soluzioni. Alcune di queste sono ancora viste come soluzioni oggi (intelligenza artificiale), mentre altri sono state raggiunte (memorizzazione del testo completo).

  • Ricerca full text, ricerca su linguaggio naturale e intelligenza artificiale renderanno soggettazione e classificazione non più necessarie
  • Avremo accesso per la ricerca agli indici e ai sommari presenti nei libri, così come agli indici di citazioni
  • Sistemi multi-livello metteranno a disposizione interfacce differenti per novizi ed esperti
  • I sistemi saranno disponibili 24×7 e ci saranno terminali in ogni camerata
  • I sistemi non avranno più necessità di utilizzare stopword
  • Diventerà possibile memorizzare i documenti per intero (full text)

Anche se i sistemi ci hanno permesso di memorizzare e ricercare i full text, di combinare dati bibliografici provenienti da fonti diverse e di distribuirli in tutto il mondo, 24×7, non abbiamo fatto quasi nessun progresso in materia di accesso soggetto. C’è molto di più da imparare da questi articoli, e sarebbe istruttivo fare un confronto approfondito tra loro e il punto in cui siamo oggi.

Ve ne consiglio caldamente la lettura, ciascuno di essi è lungo solo poche pagine.


Bibliografia

Questi gli articoli ai quali si fa riferimento nel paragrafo “La lezione”:

  1. Modern Subject Access in the Online Age: Lesson 1
    by Pauline Atherton Cochrane
    Source: American Libraries, Vol. 15, No. 2 (Feb., 1984), pp. 80-83
    Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25626614
  2. *Modern Subject Access in the Online Age: Lesson 2
    Pauline A. Cochrane
    American Libraries Vol. 15, No. 3 (Mar., 1984), pp. 145-148, 150
    Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25626647
  3. *Modern Subject Access in the Online Age: Lesson 3
    Author(s): Pauline A. Cochrane, Marcia J. Bates, Margaret Beckman, Hans H. Wellisch, Sanford Berman, Toni Petersen, Stephen E. Wiberley and Jr.
    Source: American Libraries, Vol. 15, No. 4 (Apr., 1984), pp. 250-252, 254-255
    Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25626708
  4. *Modern Subject Access in the Online Age: Lesson 4
    Author(s): Pauline A. Cochrane, Carol Mandel, William Mischo, Shirley Harper, Michael Buckland, Mary K. D. Pietris, Lucia J. Rather and Fred E. Croxton
    Source: American Libraries, Vol. 15, No. 5 (May, 1984), pp. 336-339
    Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25626747
  5. *Modern Subject Access in the Online Age: Lesson 5
    Author(s): Pauline A. Cochrane, Charles Bourne, Tamas Doczkocs, Jeffrey C. Griffith, F. Wilfrid Lancaster, William R. Nugent and Barbara M. Preschel
    Source: American Libraries, Vol. 15, No. 6 (Jun., 1984), pp. 438-441, 443
    Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25629231
  6. *Modern Subject Access In the Online Age: Lesson 6
    Author(s): Pauline A. Cochrane, Brian Aveney and Charles Hildreth
    Source: American Libraries, Vol. 15, No. 7 (Jul. – Aug., 1984), pp. 527-529
    Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25629275

La serie di post dedicati al catalogo e al suo contesto comprende:

  1. I cataloghi del passato
  2. Il catalogo a stampa
  3. Dalla carta ai database
  4. Gestionali di biblioteca e contesto
  5. E il futuro?