Mal comune mezzo gaudio?

improving the google algorithm

In queste ultime settimane ho fatto, ripetutamente, un’esperienza assai frustrante: compiere ricerche nelle risorse elettroniche messe a disposizione da due diverse grandi e importanti università italiane.

Prima una ricerca in diverse banche dati bibliografiche, poi attraverso un openURL resolver ai full text di periodici elettronici, poi ancora ricerche di altri articoli, nelle diverse piattaforme (dell’editore, dell’aggregatore, dell’università…) arrivando in alcuni casi al testo pieno, in altri no, senza mai capire il motivo esatto del fallimento.

Non è possibile, mi dicevo, non sono cretino… Ma, certo, un dubbio rimaneva.

Questa mattina ho iniziato a leggere l’ultimo numero di ITAL dedicato all’importante tema della discovery (sarà tra qualche mese disponibile liberamente) e l’editoriale mi ha colpito.

È di Michelle Frisque, presidente 2009-2010 di LITA, la Library and Information Techonoly Association. Non un’analfabeta informatica come me, dunque.

Michelle racconta della sua frustrante ricerca di informazioni introduttive e generali su un certo tema, partita dalle risorse della biblioteca, combinando diversi strumenti e strategie (Metalib, il catalogo della biblioteca e anche LibGuides, un servizio, che non conoscevo, che raccoglie guide create da bibliotecari di tutto il mondo) e portata poi su Wikipedia, ancora senza successo, fino ad arrivare, vanamente a Google.

Dopo questa esperienza, utilizzando la teoria cd. dell’appreciate inquiry, che, semplificando molto, suggerisce di guardare a come si vuole che qualcosa funzioni piuttosto che focalizzarne problemi e difetti, Michelle ha definito il suo “ideal discovery process”.

Lo riporto qui, traducendo e schematizzando liberamente:

  • Voglio utilizzare un unico luogo per le mie ricerche e cercare una sola volta quello di cui ho bisogno. Non voglio cercare più volte lo stesso termine in diversi sistemi, non mi interessa quale sia il modo in cui accedo all’informazione che mi interessa (periodici, banche dati ecc.): se sono abilitato ad accedervi, voglio anche poterla cercare.
  • Voglio che la presentazione delle risorse rispetti i miei criteri di ricerca e voglio che il sistema mi sappia suggerire anche strategie alternative.
  • Voglio che i risultati mi siano presentati in una maniera che mi permetta di risparmiare tempo.
  • Voglio che il sistema riesca a imparare da me e dagli altri, così da fornirmi risultati sempre migliori nel tempo.
  • Voglio trovare la risposta.

Ma tutto questo, aggiungo io, è Google! Nel 2007, ci dicono, Google ha fatto 450 modifiche al suo già ottimo algoritmo di ricerca, per migliorarne la qualità. Spesso, invece, i nostri sistemi utilizzano le stesse tecniche che si utilizzavano 30 anni fa.

E forse per questo che quasi il 90% di chi fa ricerche informative parte da Google, e un misero 1% dai cataloghi delle biblioteche?

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