Cari editor, il coltello dalla parte del manico lo avete voi

(Il post originale è pubblicato alla URL http://aoasg.org.au/2013/03/25/journal-editors-take-note-you-have-the-power)

Oggi (era il 25 marzo) mi è capitato di leggere alcune notizie interessanti, sia da attivista dell’Open Access che da bibliotecario.

L’intero editorial board della rivista Journal of Library Administration ha dato le dimissioni in segno di protesta contro le politiche applicate dal suo editore, Taylor & Francis, per quanto riguarda le licenze d’uso. Brian Mathews riporta un pezzo della lettera di dimissioni nel suo blog.

Anche se inconsapevolmente, gli editorial board seguono sempre i passi di altri editorial board. Una pagina della Open Access Directory dal titolo Journal declarations of independence riporta esempi di editor che hanno dato le dimissioni da una rivista per passare poi a una nuova rivista con un editore con politiche più vicine al proprio sentire. Gli esempi riportati sulla OAD coprono un arco temporale di 10 anni, dal 1998 al 2008.

Cos’è una policy sulle licenze?

Per chi è nuovo dell’Open Access, ecco una breve spiegazione. Una policy sulle licenze d’uso fa riferimento alle restrizioni imposte da un editore su cosa un autore può fare con l’articolo che ha pubblicato. T&F, nelle pagine dedicate al riuso dei materiali pubblicati, dice piuttosto chiaramente che gli autori sono limitati nell’utilizzare copie del proprio lavoro.

(NDT. Per una definizione esatta delle versioni di un articolo di cui si parla di seguito si faccia riferimento allo standard NISO Journal Article Version – JAV).

Per esempio, gli autori non possono utilizzare la versione dell’editore (Publisher’s Version) per il deposito in un repository. Va bene – l’editore gestisce il processo di peer-review dei paper e fornisce una piattaforma per la distribuzione dei contenuti in formato elettronico. Ci sono investimenti ulteriori per quanto riguarda il layout e il confezionamento del PDF scaricabile dalla piattaforma. Molti altri editori non consentono l’utilizzo di questa versione.

Gli autori sono autorizzati a depositare una copia della versione inviata all’editore per una prima valutazione e l’eventuale accettazione per la pubblicazione (Submitted Version) nel repository istituzionale. Questa versione viene anche definita pre-print.

Sembra un’offerta generosa, ma in molte discipline la condivisione del pre-print viene considerate inappropriata perché può contenere errori che avranno ricadute negative sull’autore, o che comunque potrebbero essere dannosi se resi pubblici senza le dovute correzioni.

Ancora, gli autori possono depositare una copia della versione accettata (Accepted Version o post-print) – la versione dell’articolo dopo la peer-review, corretta in tutte le sue parti, nel repository istituzionale. T&F definisce questa versione ‘Author’s Accepted Manuscript’.

Di nuovo sembra un’offerta generosa. Come prima, c’è un ma: l’autore può depositare la Accepted Version dopo 12 mesi dalla pubblicazione se sta pubblicando in riviste di discipline come scienze naturali, ingegneria, scienze comportamentali, medicina, e dopo 18 mesi se invece pubblica in discipline come arte, scienze sociali, scienze umane, siano le riviste a stampa oppure in formato digitale.

Tenete a mente che la peer-review e le correzioni al paper possono richiedere molto tempo, e che possono trascorrere mesi dalla data di accettazione di un articolo a quella della sua pubblicazione. Ciò significa che un documento viene reso disponibile ad accesso aperto dai due ai cinque (o più) anni dalla data in cui era stata condotta la ricerca originale.

Queste sono le ragioni per le quali gli editor del Journal of Library Administration hanno protestato, contestando in particolare la fee per l’opzione OA, di ben 2995$ per articolo. Molto superiore alle cifre chieste dalla maggior parte delle riviste in Scienze Umane e Sociali.

L’esca dell’editore commerciale

Parlando con editor stressati e sovraccarichi di lavoro è facile capire perché è allettante l’idea di avere un editore che si fa carico dell’onere di pubblicare una rivista.

Ma per tutto c’è un prezzo. Per cominciare, in molte conversazioni avute con editor che hanno venduto la propria rivista a un editore commerciale, sembra non esserci alcuna effettiva compravendita, come invece accade generalmente in ogni altra transazione di questo genere.

Inoltre, quando un editore diventa proprietario di un titolo, impone le proprie politiche sul trasferimento dei diritti – il che significa che decide cosa un autore può o non può fare con il proprio lavoro. In generale, il risultato finale è molto più restrittivo delle politiche della rivista nella sua versione indipendente.

La differenza più evidente nella gestione di una rivista prima e dopo l’acquisizione da parte di un editore commerciale, però, è il costo degli abbonamenti. Un esempio è il Journal of Australian Studies , il cui costo in abbonamento è compreso nella quota di associazione alla International Australian Studies Association (InASA). I membri dell’associazione godono di altri vantaggi, ad esempio sconti sull’iscrizione a convegni. La quota associativa annuale è 105 dollari australiani l’anno.

Sul sito di T&F, però, la stessa rivista costa 781$ per l’online, 893$ per l’opzione print+online.

Non è solo T&F a comportarsi così, sia chiaro. Il  Journal of Religious History  è pubblicato da Wiley. I membri della Religious History Association si associano per 45 dollari australiani, rivista compresa, ma l’abbonamento sul sito di Wiley costa dai 593$ per un abbonamento istituzionale print+online ai 76$ per un abbonamento individuale, sempre print+online.

E le politiche di Wiley sono molto più restrittive di quelle di T&F. L’autore può depositare la Submitted Version, ma per la Accepted Version l’embargo diventa di 24 mesi a seconda della rivista, e in aggiunta è necessaria l’autorizzazione scritta dell’editore (buona fortuna se pensate di ottenerla facilmente).

Quindi, cosa possono fare gli editor di una rivista?

Prima di tutto, ricordatevi che l’editor è fondamentale per la buona riuscita e il successo di una rivista. Gli editori si affidano completamente agli editor per la realizzazione delle riviste, il che significa che nelle negoziazioni un editor si trova in una posizione di forza.

Se sei l’editor di una rivista indipendente e stai pensando di “venderla” a un editore commerciale, considera attentamente quanto segue:

  • Quali restrizioni imporrà l’editore sul riuso delle opera pubblicate? Si adeguerà alle politiche della rivista (attuali o future)? È pronto a negoziare con il tuo team?
  • Quale sarà il costo della rivista in abbonamento? L’eventuale aumento di prezzo potrebbe significare che alcuni lettori non saranno in grado di pagare l’abbonamento?

Se invece sei l’editor di una rivista attualmente pubblicata da un editore commerciale:

  1. Controlla quali sono le restrizioni imposte agli autori su Sherpa/Romeo
  2. Se queste restrizioni sono in contrasto con la filosofia di diffusione dei contenuti della tua rivista, prendi in considerazione la possibilità di contattare l’editore per richiedere politiche meno restrittive

Ci sono prove che, per il passato, queste strategie hanno funzionato. Il 1 novembre 2011, T&F ha annunciato un progetto di due anni per le riviste di biblioteconomia e scienze dell’informazione: gli autori di 35 riviste in questo ambito possono depositare nel repository istituzionale la Accepted Version  del proprio articolo.

Sembra che le riviste di biblioteconomia abbiano fatto scuola in questo senso. A marzo 2013, Emerald ha annunciato una partership speciale con l’IFLA, grazie a cui gli articoli che in qualche modo sono nati nell’ambito di convegni o progetti IFLA pubblicate su riviste Emerald possono diventare disponibili ad accesso aperto 9 mesi dopo la pubblicazione.

Trasformare una rivista tradizionale in una online e open access

Se sei l’editor di una rivista indipendente e stai pensando di trasformarla in una rivista online, ecco alcune domande preliminari da porti:

  • Chi sono i tuoi lettori e in che modo leggono la rivista? In alcuni casi la versione a stampa è indispensabile, pensa per esempio alle riviste che vengono lasciate a disposizione nelle sale d’attesa degli ospedali.
  • Se la rivista diventa disponibile solo online, ai lettori sarà sufficiente ricevere una email che segnali l’uscita di un nuovo fascicolo?

Esistono molti strumenti ad hoc per la gestione del processo editoriale. OJS (Open Journal System), per esempio, è un software open source per la gestione di riviste, sviluppato dal Public Knowledge Project.

Le università australiane ospitano molte riviste open access (qui la lista), e una parte considerevole di esse è gestita con OJS. Molte di queste riviste vivono grazie a un finanziamento dell’istituzione e non chiedono quote di pubblicazione agli autori. Dal punto di vista di un ricercatore, sono libere nella pubblicazione, libere nella fruizione dei contenuti.

Inoltre, la National Library of Australia ha avviato il programma Open Publish  che ospita molte riviste OA.


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raduzione di Ilaria Fava